CHE COSA C’E’ DIETRO L’ACCANIMENTO GIUDIZIARIO NEI CONFRONTI DEL NOSTRO GIORNALE

LA VERITA’ SPESSO NON SI PUO’ DIRE SE C’E’ INCONTINENZA ESPRESSIVA

Pane al pane e vino al vino, ma solo a certe condizioni
 

Come i nostri lettori sanno siamo stati chiamati in giudizio per il contenuto di alcuni articoli sull'amministrazione comunale e alcuni squallidi personaggi che ne decidono le sorti. Siamo consapevoli che rischiamo di essere condannati. In altra parte del giornale raccontiamo come l'assalto alla diligenza sia un modo di rispondere alle nostre accuse, che non sono state mai smentite né dai diretti interessati né dai fatti. Questo ci porta a credere che abbiamo fatto centro, come al tiro a segno del luna park, ma invece di ricevere in premio l'orsachiotto, veniamo querelati. Siamo diventati la pecora nera, perché abbiamo il coraggio di dire cose che altri pensano ma non dicono.
Bene, l'esperienza che stiamo facendo ci dice che non sempre la verità può essere detta. Dipende dal tono che si usa. Se è di denuncia, bisogna stare attenti. Se qualche parola viene ritenuta "pesante" si passano guai. Se il linguaggio è "incontinente" la punizione è certa.
Noi pensavamo che l'incontinenza fosse un'altra cosa e riguardasse le vie urinarie dall'inizio alla fine, dai reni al pene. Penale sembra derivi da pene e sia conseguenza dell'incontinenza. Si rideva, nei tempi dell'innocenza, quando si diceva che la colonia penale era un'acqua di colonia per soli uomini.
Ma un po' di verità c'è e i signori giudici, nella loro imparzialità, credono che l'incontinenza vada punita. Come accadeva in certe dinastie cinesi (potete non crederci).
Di che cosa si tratta, dunque? Del fatto che è meglio non dire piuttosto che dire; che il nostro linguaggio deve essere equivoco e persino mistificatore. Non bisogna dire cieco, ma non vedente; non sordo ma non udente, non disonesto ma furbetto o se preferite "persona con spirito d'iniziativa". Allora, per evitare di restare impigliato nelle maglie della giustizia, bisogna stare attenti al vocabolario evitando l'incontinenza verbale. Non ci si preoccupa tanto di verificare se le accuse che abbiamo mosso siano fondate o meno. Il problema è un altro: se il tono usato offende un cittadino che non si è comportato bene, chi lo ha smascherato va portato davanti ai giudici e messo alla gogna.
La notizia che si pubblica deve avere alcuni crismi: deve essere "vera", di "interesse pubblico" e, infine, deve essere espressa con continenza lessicale. Si preferisce vedere la pagliuzza, anziché la trave. Minimizzare, trascurare, quando occorre insabbiare. Diceva un padre di famiglia che la giovane figlia era rimasta incinta, ma solo un pochettino, aggiungeva per tranquillizzare la moglie.
Le radici del male sono imperscrutabili come quelle della vita. Che aggettivo dare a un sindaco che con manovre tecnicamente lecite ma politicamente scorrette si appropria di un lotto di terreno per l'edilizia abitativa che, a giudizio del funzionario comunale spettava ad un altro cittadino, il primo degli esclusi nella graduatoria che aveva già premiatgo il sindaco pigliattutto? Decidete voi.
E come chiamare un assessore comunale, al corrente delle norme vigenti e delle sanzioni in caso di violazione di quelle norme, che in mezza giornata tira su i muri di una casa abusiva e riesce, tra un susseguirsi di rinvii e (forse) di rassicurazioni, persino ad abitarla certamente sfruttando la propria posizione? Si ripete il dramma antico dei senza casa, della povertà e della disoccupazione (nel caso nostro anche sotto il profilo dell'incarico politico) oppure si dovrà chiedere - come è stato fatto - il rispetto delle norme e degli usi che classificano gli abusivi in un certo modo (tacciamo per continenza lessicale)?
O come chiamare un sindaco che mai sa niente e di niente s'accorge; che predica libertà e promuove dittatura, come nel caso del sequestro illegale del nostro giornale dai punti vendita? Lo chiameremo spirito d'iniziativa (continenza lessicale) o fascista (incontinenza) chiedendo scusa ai fascisti.
Se i giudici sono cultori della Crusca (nel senso dell'Accademia) dovrebbero predisporre un vocabolarietto delle parole consentite.
Lo ha fatto la Rai, anni addietro, per uniformare il lessico dei propri giornalisti.
Erano anni in cui era vietato dire "membro" (incontinenza) e si doveva dire "componente".
Ci riferiamo ai consigli di amministrazione e affini. In caso di gravi manchevolezze si doveva (continenza) dire che certe amministrazioni "sono di quel genere che vanno due per volta" mentre era vietato (incontinenza) affermare che si trattava di "coglioni".
Riteniamo certi atteggiamenti da parrucconi dannosi per il costume sociale. Noi siamo del parere che sia meglio dire pane al pane e vino al vino. È la democrazia che lo pretende. Per questo motivo ora corriamo il rischio di essere vittime di una giustizia sostanzialmente ingiusta.
Ribadiamo soltanto una cosa.
Ma prima di mettere sotto accusa chi scrive, qualcuno si preoccupa di accertare se quanto è stato scritto sia vero?

 
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