E', questo, un argomento che
non avremmo voluto trattare, la morte di un giovane,
per suicidio. L'hanno trovato appeso, nella piazza.
Oscillava al vento. Un netturbino l'ha soccorso
pensando che fosse vivo. Poi l'ha adagiato per terra.
Non c'era piu niente da fare. Il suicidio e un atto
estremo, lacerante. E' una fuga, ma spesso e un
atto di intima responsabilita. La rottura, improvvisa
e drammatica, con la vita, il mondo, quello che
ci appartiene, e, soprattutto, quello che ci e ostile.
E' segno, comunque, di un disagio profondo. Quando
capita, liquidiamo la tragedia con parole di circostanza.
Dobbiamo, invece, sforzarci di capire quando l'acqua
del fiume (quel fiume che ci scorre dentro, che
rappresenta la nostra esistenza) sta per superare,
inesorabilmente, il livello di guardia. Il disagio
segnava quel ragazzo; la sua vicenda umana, le sue
relazioni sociali, il suo diritto a vivere la vita
eranouna corda sfilacciata. Si poteva immaginare
che, da un momento all'altro, al primo strattone
e al primo imprevisto, avrebbe potute cedere. Ci
sono cento ragioni che contribuiscono al disagio
giovanile, dal lavoro agli affetti, dall'avere o
non avere uno scopo, un ideale, qualcosa che ti
spinga a lottare. Quartu e una citta insensibile.
Appendice di Cagliari, quartiere dormitorio della
grande citta, i suoi tempi sono scanditi altrove.
L'offerta locale e povera, le politiche messe in
campo per costruire una comunita a misura d'uomo
(giovane) scarse e sterili. Non c'e un'idea che
smuova le acque paludose, che inghiottono i deboli
senza lasciarne traccia. Il ragazzo e un esempio,
di tanti altri esempi di disaddatati, di poveri
diavoli che vivono alla giornata, nell'inerzia.
Il suicidio e un raptus ingannevole, perche offre
una soluzione agli affranti. Ma soluzione non e.
Illude di mettere tutto a posto, ma non e cosi.
Perche lascia una striscia di dolore, anche al piu
cinico, che passando l'altra mattina in Piazza ***,
ha visto ciondolare il corpo dell'impiccato, appena
mosso dal vento, come l'ultimo disperato anelito
di una vita che se ne va.
P.S.: purtroppo i suicidi sono come le ciliegie,
uno tira l'altro. Non li abbiamo mai ritenuti un
fatto di cronaca (per tale motivo omettiamo i nomi
e qualunque fatto identificativo), ma semplicemente
il triste epilogo della vita.
Ne registriamo, a breve distanza, altri due.
Viviamo l'angoscia di familiari e amici e ci domandiamo
quali siano gli effetti, su tali scelte, di una
comunita matrigna. Che cosa fare, nel concreto,
per evitare che la striscia non si allunghi?