Ho letto alcune volte Quartu Sera e vi ho trovato notizie interessanti sul malcostume ormai diffuso tra coloro che, a diversi livelli, amministrano le cose pubbliche. Mi sono chiesto a che cosa possa servire denunciare a gran voce il malcostume dilagante, quando i responsabili non saranno mai puniti, anzi chi denuncia i fatti rischia un procedimento penale e si guadagna, per sempre, la fama di rompiscatole. Stando così le cose, ho l'impressione che si otterrebbe un risultato migliore se chi legge si sentisse coinvolto e provasse disgusto per persone molto disinvolte nel manipolare la pubblica amministrazione.
Ci provo, caro direttore, chiedendole di ospitare queste mie riflessioni. Sono certo che non sarò il solo, ma molti rifletteranno sul fatto che se tutti si convincessero che esiste un comportamento sociale che rispetta le regole e garantisce i diritti della comunità e del singolo, la situazione di Quartu (nel nostro caso) non potrebbe che migliorare.
Questo malcostume nasce dal fatto che una condotta non esemplare a livello politico e amministrativo, ripetuta e perpetuata nel tempo per appagare avdità ed invidia ha, come dire?, legittimato comportamenti degni di biasimo. Le regole del bon ton politico sono state disattese nell'indifferenza generale.
Penso all'associazione "Che nessuno tocchi Caino"; sarà anche vero che non si deve infierire su chi ha sbagliato, ma se non si punisce Caino quanti Abele dovremo piangere prima della riaffermazione del comandamento principale del cristianesimo, estensibile all'ordinamento laico: non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te.
La "democrazia", tanto esaltata da tutte le parti politiche, introducendo i concetti di uguaglianza, si badi bene di tutti di fronte alle leggi, ha di fatto sradicato il concetto di merito, per cui a ricoprire incarichi in cui la professionalità e la conoscenza non sono più il presupposto della loro scelta quanto invece l'appartenenza a questo o quel partito ha introdotto logiche di spartizione fino a consumare quasi totalmente ciò che i nostri padri hanno costruito in migliaia di anni di serietà e costanza; ancora, il garantismo, applicato troppo spesso senza il rigore dell'imparzialità, indubbiamente la più grande conquista di una società democratica, sta oggi ottenendo l'impunità dei misfatti, soprattutto quando commessi a danno della comunità.
Sono convinto che Quartu Sera potrebbe diventare uno strumento importante della cosiddetta "controinformazione" (di quell'informazione, cioè, che le maglie di autocensura non lasciano filtrare). Ma occorre riuscire a farlo leggere ed apprezzare ai quartesi, almeno a quelli che difendono i diritti dei cittadini e, di conseguenza, la propria città. La mia proposta è, tuttavia, di abbassare i toni, di non fare delle persone il bersaglio delle critiche, per quanto ineccepibili, e di "svelare", invece, che cosa succede nei luoghi dove si decidono le sorti della comunità.
Faccio un esempio. Se si spiegasse alla gente come funziona un consiglio comunale, quali sono gli argomenti che vengono portati in discussione, quali gli argomenti che vengono tenuti nel cassetto, quali sono gli accordi sotto banco che spesso determinano il voto, allora si farebbe un'operazione di responsabilità civica collettiva che oggi, invece, manca alla democrazia.
Si costruirà in tal modo una schiera, sempre più numerosa, di sentinelle che vigileranno sull'azione amministrativa e politica degli uomini e dei partiti, attribuendo livelli di responsabilità.
Comprendo che si tratta di un'operazione soprattutto culturale. Lo scopo è quello di affrancare il cittadino medio dal livello di sudditanza che il potere si costruisce non informando sul proprio operato.
Ci pensi, Direttore.
Sono pronto a dare il mio contributo per costituire una redazione "aperta" del suo giornale.
Mario Morlacchetti