La battaglia difficile per l’autonomia
FLUMINI, IL “GIARDINO” TRADITO DI QUARTU
Una comunità di 15 mila abitanti che cresce senza regole urbane nè servizi. Ma la “città” non vuole perdere una fonte importante di entrate. In cambio di niente
 

Tanto per cominciare sarebbe un grosso Comune (grosso, per la media dei Comuni sardi, che sono piccoli) di almeno 15 mila abitanti. Invece per Quartu è, semplicemente, la somma di molte lottizzazioni disordinatamente avviate tra gli anni 70 ed 80, slegate tra di loro in assenza di strumenti urbanistici indispensabili a regolare lo sviluppo di un vasto territorio che va da Margine Rosso a Geremeas. Il bilancio della comunità - per quel che riguarda i servizi essenziali di un consorzio civile - è in rosso (mancano le strade, molte sono polverose e quelle asfaltate sono una groviera per la scarsissima manutenzione; l'illuminazione pubblica è insufficiente perché le vecchie lottizzazioni, trascorsi i dieci anni, non hanno più vincoli con l'amministrazione e nessuno si è preoccupato di sostituire i lampioni; mancano i trasporti, la cui frequenza e su base oraria e si interrompono inesorabilmente alle nove di sera; eccetera eccetera) e il Comune fa orecchie da mercante.
Eppure, nonostante questo cumulo di disagi, l'autonomia non decolla. Meglio il mugugno di un atto di coraggio (e di responsabilità). "Abbiamo paura che si paghino più tasse", dice una signora che si lamenta del trattamento che le riserva l'amministrazione Ruggeri, ma non sa immaginare che cosa potrebbe succedere dopo.
Succede, se ci sarà l'autonomia, che Flumini ha le risorse finanziaria per camminare da solo. Ma la gente, probabilmente, non lo sa.
Diamo le cifre, sulla capacità finanziaria, che tra contributi erariali, trasferimenti dallo Stato e dalla Regione, Ici, addizionale Irpef, nettezza urbana e qualcos'altro che spetta agli enti locali, Flumini verrebbe ad incassare: poco più, poco meno, 15 milioni di euro, con gli arrotondamenti del caso. Una dotazione finanziaria che potrebbe far marciare un Comune di quella dimensione, con la possibilità di assumere 87 dipendenti (sono posti di lavoro, non bruscolini!), invece dei due, peraltro striminziti, che ha in Circoscrizione, l'unica presenza funzionale con Quartu, ma limitata all'essenziale (ad esempio il rilascio dei certificati dell'anagrafe, soltanto. Per tutti gli altri bisogna fare un salto in città).
Nei tre mesi estivi funziona una stazioncina dei carabinieri. In quel periodo la popolazione raddoppia. Forse triplica. E' il versante del turismo, che si affaccia sul mare, a mobilitare sino al caos la vita della borgata, che non ha neppure il riconoscimento di borgata. Allora diventa impensabile che la rete stradale sia sufficiente o che la polvere delle strade sia una buona compagnia. Per gli abitanti residenti (12.800 gli iscritti alle liste elettorali, dai 18 anni in su) la vita diventa ancora più difficile perché manca un centro urbano, negozi e mercati, un centro di aggregazione (nel senso di una piazza) e il territorio paga il prezzo dell'invasione dei vacanzieri.
Problemi che si ingigantiscono, a cominciare dalla raccolta dei rifiuti e per finire con la vigilanza, perché i vigili urbani li vedi la mattina alle 8, quando le scuole aprono i battenti e, qualche volta, all'uscita dalle lezioni, ma non nelle altre ore del giorno. Se c'è un bisogno qualunque, devi telefonare. E quelli arrivano, con comodo, perché, magari, sono impegnati a sequestrare "Quartu sera" nelle edicole o a perseguitare qualche ambulante (come da recenti fatti di cronaca un po' infamanti). Parliamo dei vigili che fanno i laccè al sindaco Ruggeri.
La verità, dice Giovanni Usai, funzionario regionale in pensione, presidente del comita to per l'autonomia Civitas Flu mini, è l'incapacità conclamata di Quartu a gestire il territorio periferico; appena ci riesce con i nuovi quartieri prossimi alla città. Quel Comune (quello anziché questo: perché significa: lontano da chi parla) vede Flumini come la somma di lottizzazioni non come un aggregato urbano. Il fatto che in alcune abitazioni non arrivi l'acqua potabile (condizione che in alcun modo avrebbe dovuto consentire di costruire) o che non ci siano fognature è un duro atto d'accusa verso un'amministrazione inadempiente.
La subalternità da Quartu scoraggia un territorio ricco di risorse con 12 chilometri di costa e, contrapposizione fatale, una montagna sana da abusi e minacce speculative, montagna che potrebbe diventare un'altra grande risorsa. Eppure Flumini ha le carte in regola per crescere ordinatamente, nel rispetto ambientale, e di rendere più solida la propria economia. Suoi, del resto, sino a qualche anno fa, i maggiori alberghi, dal Califfo al Setar, a S'Ighientu.
Quartu è restio all'autonomia, perché il "giardino" di Flumini (che in realtà è un orticello semi abbandonato dove andare a raccogliere il prezzemolo) alla fine dà più di quel che prende. Basterebbe pensare al gettito Ici per comprendere che Flumini è un buon serbatoio, che paga e si accontenta del classico tozzo di pane.
Ciò che colpisce (in negativo) è l'assenza di un "tessuto", sociale e urbanistico. Neppure i paesi dell'epopea del Far West soffrivano di questa cronica malattia (l'abbandono).
Argomenti grossi che scivolano sulla Circoscrizione come la pioggerellina di marzo, senza suscitare reazioni, segnale di una cultura debole nel pensare, programmare e realizzare un territorio ordinato con possibilità di sviluppo.
La "seminata" di case è il contrario dello sviluppo ordinato. Eppure qualcuno si deve prendere la responsabilità di ridisegnare il territorio e prevedere una sua gestione, con Flumini (diciamo la Chiesa dei Santi Angeli, l'unica presenza che svolga il ruolo di coesione sociale) al centro, mettendo ordine, bonariamente, anche all'inevitabile abusivismo edilizio che ha accompagnato il disinteresse cronico dell'amministrazione quartese.
"Il Comune di Flumini non nasce contro Quartu", insiste Giovanni Usai, il cui comitato ha raccolto millecinquecento firme per l'autonomia. Ma poi l'enfasi si è placata e non si è andati più avanti.
Certo, l'obiettivo è quello di migliorare la qualità della vita dei cittadini, dando loro servizi da società civile. Ma la pressione politica esercita un effetto traumatizzante sull'anelito di autonomia, che, al contrario, è sempre un fattore positivo di crescita.
Delle 4.500 famiglie della zona, numerose sono legate in maniera forte al territorio. Non se ne vogliono andare, né da vivi, né da morti. Chiedono, infatti, anche un cimitero per rimanere per sempre dove, qualche volta con spirito pionieristico, hanno trascorso l'esistenza.
Si comprende che disegnare un territorio fortemente condizionato dall'esistente non è impresa facile. Ma l'ardua impresa di mettere ordine al caos urbanistico sarà ripagata dalle inevitabili opere pubbliche finanziabili per realizzare gli standard dei servizi, che vogliono dire finanziamenti (pubblici) e posti di lavoro.
Per i promotori dell'autonomia il Comune di Flumini nascerebbe ricco. E' un giudizio tinto di rosa dal desiderio di raggiungere l'obiettivo. Magari non sarà proprio così, nel senso che gli enti locali devono remare contro corrente perché sono momenti di vacche magre; tuttavia è lecito domandarsi se migliaia di famiglie debbano vivere ancora con servizi inadeguati, tra comprensibili disagi. Sarà il piano strategico del territorio a definire il futuro evitando che siano altri, che a Flumini ci vanno a prendere il sole, deputati a decidere cose che non gli appartengono.
Prendiamo l'esempio - dice Usai - di altre realtà sociali (Stintino, Castiadas, Monserrato) che si sono scrollate di dosso il peso colonialista del Comune di appartenenza. A conti fatti nessuno si lamenta d'aver compiuto quel passo. E' cresciuto il livello di responsabilità, di partecipazione alle scelte e se qualche sacrificio si è fatto, il ritorno è stato vantaggioso. Pensiamo a un piano regolatore generale aderente alle prospettive di sviluppo e non a classificare quel territorio come il semplice sfogo della città, un lusso che Quartu non può più permettersi.
Il comitato riprenderà, nei prossimi mesi, la corsa. Cercherà il confronto con l'amministrazione, confronto che non c'è mai stato perché i tentativi sono stati raffreddati dai partiti che, a turno, hanno costituito maggioranza.
La finalità, dei partiti, è di evitare di disturbare il manovratore e favorire una realtà fortemente caratterizzata dal pendolarismo (con i relativi rischi).

 
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